Un film di Steven Spielberg… su Steven Spielberg. Ve lo sareste mai immaginati? Dopo averci fatto sognare per anni con alieni musicanti o in grado di farci volare con le nostre biciclette, aver fatto tornare i dinosauri a camminare sulla Terra e dopo averci mostrato gli orrori dell’Olocausto e della seconda guerra mondiale, per il Maestro è arrivato il momento di offrire davvero tutto sé stesso. O quasi?

e Michelle Williams.
Chi ama veramente questo straordinario autore, avrà sicuramente visto i dietro le quinte dei sui film – grazie ai contenuti extra delle varie edizioni home video – o addirittura il documentario a lui dedicato intitolato proprio Spielberg, del 2017. Durante le interviste, il regista si è più volte soffermato su quanto le vicende personali legate alla sua famiglia abbiano condizionato la sua formazione e le sue opere, in particolar modo il rapporto con i genitori. Il padre Arnold Spielberg, un ingegnere elettronico dal carattere tecnico, stakanovista, e la madre Leah, una pianista dall’animo sognante, libero. Ora, anziché poter osservare gli sprazzi della sua vita privata attraverso questo tipo di contenuti, possiamo finalmente avere il quadro generale di come siano andate – più o meno – le cose.

Già dal titolo, Steven Spielberg dichiara, in qualche modo, di non mettere del tutto a nudo le sue vicende personali: gli Spielberg diventano così i Fabelman – nome scelto dallo sceneggiatore Tony Kushner, che ha giocato con la parola tedesca “fabel”, ovvero “fiaba” – i genitori diventano Burt (Paul Dano) e Mitzi (Michelle Williams), mentre l’alter ego del giovane Steven diventa Sammy (o Sam, interpretato da adolescente da Gabriel LaBelle). I Fabelman sono una numerosa famiglia ebraico-ortodossa, lontana dalle usanze più comuni del loro quartiere, come la celebrazione del Natale “sostituita” da un poco luminoso Hanukkah. Seguiamo le conseguenze di un’adolescenza vissuta fra una città e l’altra degli Stati Uniti, nella vessazione da parte di crudeli compagni di scuola antisemiti e negli altalenanti umori di una madre “Peter Pan” infelice e di un padre pratico, ma dal cuore d’oro. Quale via di fuga da tutto questo per il giovane Sammy? Il cinema! Dalla scoperta con la visione de Il più grande spettacolo del mondo di Cecil B. DeMille, alla realizzazione dei primi ingegnosi cortometraggi.

Con The Fabelmans, seguiamo quindi la nascita di un grande artista e cosa l’abbia spronato a diventare uno degli uomini più influenti di Hollywood: le gioie e i dolori della sua adolescenza e come si sia ritrovato spesso ad un bivio. Arte o famiglia? Che cos’è più importante e, addirittura, cosa amare di più? Ciò che inizialmente può dare l’impressione di essere solo un passatempo inconsueto, può trasformarsi in un vero e proprio mestiere? Scopriamo come la cinepresa per Steven/Sammy sia stata poi la penna con cui ha scritto, a modo suo, il resoconto della sua vita. Si ha infatti l’impressione di vedere un film già visto, ma non in senso negativo. L’antisemitismo riconduce inevitabilmente a Schindler’s List, il carattere della madre e del padre a Hook – Capitan Uncino, i problemi in casa alle conseguenze del divorzio della famiglia di E.T. – L’extra-terrestre.
Il tutto arricchito da un cast di primordine, dove si distingue il giovane Gabriel LaBelle, scelto fra innumerevoli candidati per immortalare l’alter ego del regista, la cui somiglianza è assai notevole. Scelta migliore non poteva ricadere anche per gli ottimi Paul Dano e Michelle Williams – quest’ultima in odore di candidatura al Premio Oscar – e un breve ma efficace Judd Hirsch nel ruolo dello zio Boris, figura basilare nella vita di Sammy. In più, Spielberg non poteva di certo realizzare questo film senza i suoi storici collaboratori: da Michael Kahn per il montaggio (insieme a Sarah Broshar) a Janusz Kaminski per la fotografia, fino al Maestro John Williams che ci accompagna con temi geniali, deliziosi e malinconici.
Insomma, The Fabelmans è un film imperdibile. Non è solo il film di Spielberg su Spielberg: è il film di tutti noi, che lo abbiamo seguito fin dal principio, da sempre. E continueremo a farlo. Un dono inestimabile.