In una fase critica per il cinema internazionale a causa delle incertezze dovute alla pandemia, con diversi film che hanno subìto ritardi o sono stati prossimi al rinvio, il regista messicano torna nelle sale con una pellicola tratta dall’omonimo romanzo di William Lindsay Gresham, ambientato a ridosso della Seconda guerra mondiale. Guillermo Del Toro si ispira liberamente all’opera, discostandosi quanto basta per adattare il racconto di una società così lontana dai nostri giorni alle esigenze e narrazioni del nostro tempo. La fiera delle illusioni è un viaggio all’interno di un mondo, per l’appunto quello delle apparenze e degli inganni, nel quale svanisce ogni traccia dell’elemento sovrannaturale. Si tratta di uno snodo cruciale per il simbolismo del racconto, ma anche per l’esperienza stessa del regista messicano che sperimenta un approccio orientato alla razionalità per immergersi completamente nella forma mentis del protagonista, lo Stanley “Stan” Carlisle interpretato da uno straordinario Bradley Cooper, il quale studia ogni segreto celato dietro ai trucchi dei giostrai del luna park itinerante gestito da Clem (Willem Dafoe), per scalare i gradini della società e dare una svolta alla propria vita.
La fiera delle illusioni è un avvincente noir, ricco di colpi di scena che si susseguono e che portano ad un finale dalle sfumature thriller, con momenti di violenza e tensione misurati, ma incisivi e scenograficamente realistici. La storia inizia in medias res, mostrandoci il protagonista indaffarato nella sepoltura di un enorme borsone contenente un cadavere, lasciato bruciare successivamente assieme al resto della baracca. Stan parte per cercare fortuna e riesce a trovare lavoro nella fiera di Clem, il quale si occupa personalmente di un’attrazione alquanto particolare. Si tratta di uomo-bestia, come lo definisce lo stesso giostraio, privato di cibo e acqua, al quale viene lanciata di tanto in tanto una gallina per il gusto sadico di vedergliela sbranare e impressionare il pubblico pagante. Il signor Carlisle inizia a svolgere alcune faccende per Clem, così si avvicina ad altre personalità del luna park, tanto stravaganti quanto disponibili nei confronti di Stan a rivelare i segreti del mestiere. Una nota di merito va in particolar modo a Toni Collette e David Strathairn che interpretano rispettivamente Zeena e Pete Krumbein, una coppia di mentalisti che insegnano a Stan il metodo vincente per leggere nella mente delle persone. Da quel momento, la vita del protagonista, assieme a quello della bella Molly (Rooney Mara), sua compagna, cambia radicalmente e la vicenda si incupisce sempre di più. Nel percorso intrapreso da Stan, cominciano ad interferire personaggi misteriosi, affamati di potere e bramosi di carpire i segreti del suo successo. Cate Blanchett illumina la scena, dando vita alla dottoressa Lilith Ritter, complice di Stan nelle numerose malefatte che porteranno a un finale sconvolgente e drammatico, ricco però di un significato che nelle sequenze finali si rivela apertamente agli occhi dello spettatore.
La fiera delle illusioni è un film dal ritmo serrato ma mai travolgente, con una narrazione che accompagna lentamente lo spettatore alla scoperta di questo mondo stravagante, ma allo stesso tempo cattura la sua attenzione raccontando moltissimi fatti in un arco di tempo moderato. L’estetica del film è sublime e raggiunge vette altissime per ciò che concerne le scenografie e la fotografia, in grado di evidenziare i toni caldi e freddi di situazioni anche diametralmente opposte. Nella prima parte, ad esempio, dominano i colori più freddi per raccontare la povertà della fiera dei giostrai che cerca di sopravvivere alla “fiumana del progresso”, un concetto che Verga elabora nei Malavoglia; quando il focus si sposta sulla nuova vita di Stan, certamente più sfarzosa, la fotografia si fa progressivamente più vivida.
Il cast eccezionale, ricco di stelle del cinema americano, contribuisce alla resa efficace di una storia di per sé interessante, ma che in alcuni punti risulta non troppo chiara, con passaggi che avrebbero potuto esplicitare meglio le ragioni che hanno spinto alcuni personaggi a prendere decisioni importanti per lo sviluppo della trama.
Per concludere, La fiera delle illusioni è un film di assoluto valore, che merita di essere apprezzato nonostante alcune imprecisioni e difetti che avrebbero potuto sublimare ulteriormente una produzione davvero molto interessante, certamente tra le migliori di un regista tanto apprezzato come Guillermo Del Toro.