Era solo questione di tempo. In molti si chiedevano quando sarebbe avvenuto il ritorno di Ben Affleck e Matt Damon in veste di sceneggiatori, dopo il successo di Will Hunting – Genio ribelle, film che valse ad entrambi il premo Oscar. A distanza di 24 anni, il duo ha ritrovato l’ispirazione nel romanzo L’ultimo duello di Eric Jager, tratto da una storia vera avvenuta sul finire della Guerra dei Cent’anni.
Nella Francia del XIV secolo, lo scudiero Jacques de Carrouges (Matt Damon) non gode del rispetto e del giusto riconoscimento da parte del feudatario Pierre d’Alençon (Ben Affleck), che preferisce offrirli pienamente all’amico di entrambi Jacques Le Gris (Adam Driver), guerriero ben voluto e di successo. Per risollevare la sua situazione economica, ampliare i suoi terreni ed avere un erede, Carrouges prende in moglie la figlia di un ricco signore, Marguerite de Thibouville (Jodie Comer), la cui bellezza cattura poco dopo l’attenzione dell’ormai rivale Le Gris.
L’amicizia viene del tutto distrutta nel momento in cui Marguerite accusa Jacques di averla stuprata approfittando di un momento di solitudine, affermazione che lo scudiero respinge prontamente dichiarando che la donna era invece consenziente. La questione viene denunciata alle alte autorità, che infine concordano nel risolverla con un duello all’ultimo sangue, determinando così la verità dei fatti per volere di Dio: se Jean de Carrouges dovesse vincere, le affermazioni di Marguerite potranno essere ritenute veritiere e il suo onore ristabilito; in caso di sconfitta da parte di Le Gris, la nobildonna verrà accusata di spergiuro e condannata al rogo. Chi vincerà? Ma soprattutto, quale sarà la verità?
Questa volta, con The Last Duel, Affleck e Damon si sono avvalsi dell’esperienza del regista Ridley Scott, reduce da parecchie pellicole in costume come, naturalmente, Il gladiatore e Le crociate – Kingdom of Heaven. Con questo film, però, è quasi come se tornasse al suo esordio, avvenuto proprio con I duellanti – un “eterno” duello fra due ufficiali francesi in età napoleonica – chiudendo così una sorta di cerchio. Scott si trova a dirigere una sceneggiatura solida, chiara, come non gli capitava spesso (fra i vari esempi, il confusionario Exodus – Dei e re e i mediocri Prometheus e Alien: Covenant). A dare manforte alla coppia di attori-scrittori, la sceneggiatrice (e regista) Nicole Holofcener, fondamentale nello sviluppare le prospettive femminili della protagonista.
La storia, infatti, viene narrata attraverso i tre punti di vista dei personaggi e suddivisa così in tre capitoli: le verità secondo Jean de Carrouges, Jacques Le Gris e, ancora più importante, secondo Marguerite de Thibouville. È interessante vedere come siano discordanti le versioni dei fatti di ognuno di loro e quanto possano fare la differenza soltanto una parola, un atteggiamento, uno stato d’animo, un fatto e persino i sentimenti realmente provati.
Le vicende sono state affidate ad attori di ottimo calibro, perfettamente in parte, fra i quali spicca Jodie Comer, attrice britannica dalla particolare bellezza e bravura, incaricata di portare in scena le sofferenze e gli abbattimenti di colei che (probabilmente) è la vera vittima. Se in un primo momento i duellanti dovevano essere interpretati proprio da Damon e Affleck, un conflitto di agenda non ha permesso a quest’ultimo di mantenere il ruolo di Le Gris, ritagliandosi il marginale – ma non meno importante – ruolo del Conte Pierre, immerso nei suoi eccessi, nei suoi festini e bramoso di ricchezze, (essendo segretamente in bancarotta). Al suo posto, subentra Adam Driver, attore gettonato dai migliori registi di Hollywood, che conferisce allo scudiero la giusta dose di ambiguità e ombrosità.
The Last Duel è un film rude, aggressivo, crudo, realizzato da un instancabile stakanovista, sempre attorniato da ottime e fidate maestranze (fra i tanti, lo scenografo Arthur Max, il direttore della fotografia Dariusz Wolski e la costumista Janty Yates), fondamentali per portare in scena luoghi, temi e vicissitudini di un’epoca antica, ma che possono essere benissimo ricollocabili ai giorni nostri, escludendo la “divina” sentenza finale.