Dopo quasi un anno e mezzo di attesa, possiamo benissimo paragonare la realizzazione di No Time To Die ad uno dei più difficili incarichi da portare a termine del nostro amato 007, come anche la conseguente visione da parte del pubblico, il cui compito principale è stato (ed è ancora) quello di non finire nelle grinfie di un pericoloso “nemico invisibile”. Il tanto aspettato arrivo della pellicola e il raggiungimento delle poltrone in sala, rappresentano il gradito compimento di queste missioni.
Per gli storici produttori Michael G. Wilson e Barbara Broccoli, la “missione impossibile” (si perdoni l’irresistibile gioco di parole) era già cominciata nel 2018, quando il regista Danny Boyle (Trainspotting, The Millionaire) e il suo fidato sceneggiatore John Hodge, lasciarono la lavorazione del film, provocando inevitabilmente i primi ritardi. I posti vacanti furono poi assegnati al comunque talentuoso Cary Joji Fukunaga (la serie True Detective e Beasts of No Nation), primo regista statunitense a dirigere e sceneggiare un film di Bond, ai veterani Neil Purvis & Robert Wade, e a Phoebe Waller-Bridge, seconda donna a coprire il ruolo di sceneggiatrice in un film della saga a distanza di 58 anni (i primi Licenza di uccidere e Dalla Russia con amore vennero firmati da Johanna Harwood). A completare la squadra di sceneggiatori, i veterani Neil Purvis e Robert Wade, presenti fin dal 1999 con Il mondo non basta. Successivamente, in piena post-produzione, anche il compositore Dan Romer abbandonò i giochi per divergenze creative, lasciando il posto al prestigioso Hans Zimmer. Insomma, non tutto sembrava permettere a Daniel Craig di appendere lo smoking e prendersi il suo meritato congedo con tanta facilità.
In questa nuova ed ultima avventura interpretata per il biondo attore britannico, James Bond ha abbandonato da anni – e dopo aver ingoiato qualche boccone amaro – l’attività di agente al servizio di Sua Maestà, ritirandosi in un posto paradisiaco situato in Giamaica. Il passato, però, tornerà inevitabilmente a bussare alla sua porta quando l’amico della CIA Felix Leiter (Jeffrey Wright) lo esorterà a prendere parte ad un’operazione di salvataggio. Bond si troverà presto ad essere personalmente coinvolto più del previsto, incontrando nuovamente l’amata Dott.ssa Madeline Swann (Léa Seydoux) e il suo acerrimo nemico Ernst Stavro Blofeld (il due volte Premio Oscar Christoph Waltz), entrambi all’ombra – a loro insaputa – di una nuova misteriosa minaccia, incarnata da Lyutsifer Safin (il Premio Oscar Rami Malek). In tutto questo, James troverà anche un’inaspettata alleata: Nomi (Lashana Lynch), agente dell’MI6 ereditiera del numero 007.
Con No Time To Die si conclude definitivamente il ciclo iniziato nel 2006 con Casinò Royale, che diede il via ad una continuità quasi mai permessa a tutte le pellicole precedenti a quelle di Craig. Le soluzioni narrative scelte per chiudere il cerchio, portano questo capitolo ad essere il più audace e imprevedibile di sempre, osando prendersi delle libertà come mai prima d’ora. Se queste soluzioni possono sembrare già viste in molti altri ambiti (senza fare riferimenti nello specifico, per non rivelare troppo a chi legge), risultano totalmente innovative e fresche in una saga considerata conservatrice come quella di James Bond.
Il tutto è inserito all’interno di una trama condita, ovviamente, dall’immancabile varietà dei posti esotici (con un marcato amore per l’Italia già espresso più volte in passato), dagli emozionanti inseguimenti, dalle molteplici sparatorie ed esplosioni, dalle spericolate acrobazie, dai gadget supertecnologici, dalle belle donne – dove spicca anche la brava Ana De Armas nel piccolo ruolo dell’agente Paloma – e dal rancoroso supercattivo. Il piano di quest’ultimo – in possesso di una tecnologia in grado di porre fine al genere umano – potrebbe far percepire allo spettatore una chiara ispirazione all’attuale situazione pandemica, quando in realtà l’ideazione della trama risale a molto prima, come già specificato.
In conclusione, chi ha seguito il James Bond di Daniel Craig – innegabilmente il più umano fra tutti i suoi predecessori – in questi ultimi 15 anni, non può esentarsi dall’unirsi ai suoi amici ed alleati per dargli il saluto che merita, accompagnato dalle note di We Have All the Time in the World, tema nostalgico tratto da Al servizio segreto di Sua Maestà.